storie di un'italiana a Varanasi

mercoledì 20 marzo 2013

Prima passeggiata per Varanasi

Quattro passi sui ghat. Poi nei vicoli, ma lì non ho fatto ancora fotografie, ero troppo stupita e occupata a capire dove diavolo mi trovavo, se in un film o nella vita vera, per distrarmi con la macchina fotografica. Mi riservo di parlarne più in là, man mano che li conoscerò meglio, questa sorta di "quartieri spagnoli" di Varanasi, con botteghe, friggitorie, mucche, in spazi simili a quelli delle più piccole calli veneziane.






dalla terrazza del Lotus Lounge Cafè

dai cuscini della terrazza del Lotus Cafè, con una birra analcolica i

scorcio dai ghat

Poi, infine, a Goudolia, il corso centrale della città. Anche lì niente foto perchè ero sbigottita: mai e poi mai ho visto, in nessuna città dell'India, un traffico congestionato a quel modo, quei rumori, quella polvere, quel putiferio.
Impossibile fermarsi a fare foto, bisognava sopravvivere.
Almeno finchè non ho trovato l'oasi di una libreria (che librerie stupende sto trovando qui...) e mi sono fermata a chiaccherare con il colto libraio sulla situazione economica dei nostri due paesi, con lui che rideva solo a nominare Berlusconi (dio mio che vergogna, ma gliel'ho detto, non siamo tutti così cretini, molti sì, ma non tutti gli italiani), e la Grecia, e la Cina e...
Ho comprato il libro di grammatica hindi che stavo cercando e poi via alla ricerca di un autorikshaw con relativa contrattazione. Infernale. Per non parlare del traffico per tornare a casa, inimmaginabile. A un certo punto si è talmente congestionato ad una rotonda con macchine, autorikshaw, biciclette, rikshaw a pedali, pedoni, carretto con cavallo che nessuno, neanche i pedoni, riuscivano più ad andare avanti o indietro, in mezzo alla strada.
Fermi tutti, in mezzo a polvere e clacson all'impazzata, cavalli persone ruote di ogni tipo. Credo anche a lanciarsi accidenti a giudicare dai versacci e dai gesti che si rivolgevano. Una parapiglia totale.

Infine, dopo essere scesa da 200 a 80 rupie, salgo su un autorikshaw e tra autista imprecante, buche, biciclette chissà come non ribaltate, arriviamo in una sorta di piazza e quello mi dice che mi molla lì, che devo proseguire a piedi.
Con il mio pizzino di carta in mano e l'indirizzo scritto sopra in hindi mi aggiro in cerca di facce che sanno. In ordine di apparizione, un signore molto distinto suppongo islamico, una ragazza di nome Priti che mi accompagna per un tratto di strada e infine degli adolescenti in bicicletta, evidentemente studenti di un ceto sociale abbastanza su, che con un perfetto inglese mi hanno indicato l'uiltimo passaggio.

A casa la polvere era anche nelle orecchie, per non parlar degli occhi.

2 commenti:

  1. Sei partita dalla poesia e alla fine hai descritto un inferno. Comunque è incredibile come con questi mezzi tutto sia più vicino. Prima per sbaglio ho letto " ho trovato l'oasi di una birreria " ed ho pensato che annegassi lo stress nell'oblio ... Ieri sono stato veloce dopo aver tentato e perso tre messaggi prima di inviarne uno. Comunque qui chiedono di te ed ho mandato il blog, possibile che avrai altri contatti. Ti seguo nei prossimi giorni anche se domani e dopo vado fuori x lavoro.
    Ciao
    Alberto

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